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Pubblicato il 07-05-2014

Rifiuto dell'accertamento? No al raddoppio del periodo di sospensione della patente per il conducente non proprietario.

La Suprema Corte, con questa pronuncia, applicando il principio ubi lex voluit dicit ubi noluit tacuit, afferma che in punto di violazione dell'art. 186 C.d.S. co. 7, i.e. il rifiuto dell'accertamento, viene disciplinata espressamente l'ipotesi in cui il veicolo appartenga a persona estranea alla violazione solo in relazione alla valutazione circa la sussistenza dei presupposti perché debba essere disposta o meno la confisca del veicolo mentre non si rinviene alcuna specifica disposizione che introduca un vincolo di dipendenza della durata della sospensione della patente dall'appartenenza del veicolo a terzi.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 25-02-2014) 28-03-2014, n. 14617

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOTI Giacomo - Presidente -

Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere -

Dott. GRASSO Giuseppe - Consigliere -

Dott. IANNELLO Emilio - Consigliere -

Dott. SERRAO Eugenia - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI TRIESTE;

nei confronti di:

I.I. N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 304/2010 TRIB.SEZ.DIST. di CIVIDALE DEL FRIULI, del 02/10/2012;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/02/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Geraci Vincenzo, che ha concluso per l'annullamento con rinvio per pena.

Svolgimento del processo

 

1. In data 2/10/2012 il Tribunale di Udine - Sez. Cividale del Friuli, in seguito a giudizio abbreviato condizionato, ha dichiarato I.I. colpevole del reato di cui al D.Lgs. n. 30 aprile 1992, n. 285, art. 186, comma 7, (fatto commesso il (OMISSIS)) e, applicata la diminuente per il rito, lo ha condannato alla pena di mesi 2 e giorni 20 di arresto ed Euro 1.000,00 di ammenda, disponendo la sostituzione della pena inflitta con il lavoro di pubblica utilità e applicando la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un anno.

2. Ricorre per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica di Trieste deducendo violazione di legge e vizio motivazionale in relazione al trattamento sanzionatorio, posto che la pena edittale minima stabilita dall'art. 186 C.d.S., comma 7, (che a sua volta richiama il comma 2, lett. c), nel testo modificato dalla L. 29 luglio 2010, n. 120, che ha introdotto la possibilità del lavoro sostitutivo, è pari ad Euro 1.500,00 di ammenda e mesi 6 di arresto per cui, nel caso in esame, anche applicando la diminuente per il rito, la misura della pena detentiva non avrebbe potuto essere inferiore a mesi 4 di arresto; secondo il Procuratore ricorrente, inoltre, avendo l'imputato commesso il fatto utilizzando un'autovettura di proprietà di terzi, la durata della sospensione della patente di guida avrebbe dovuto essere raddoppiata e, al cospetto dei plurimi precedenti specifici dell'imputato, tali da configurare una recidiva reiterata specifica nel quinquennio, il primo giudice avrebbe dovuto prendere in considerazione l'ipotesi di disporre, con valutazione discrezionale, la revoca della patente di guida ai sensi dell'art. 222 C.d.S., comma 3, applicabile secondo il Procuratore Generale ricorrente a tutte le violazioni del Codice della Strada che costituiscono reato, non soltanto alle ipotesi dalle quali sia derivato il danno a persone.

Motivi della decisione

 

1. Il ricorso è in parte fondato, nei termini che seguono.

2. Il Procuratore Generale ricorrente ha correttamente censurato la sentenza emessa dal Tribunale di Udine per aver applicato la pena detentiva in misura inferiore al minimo edittale. Come si legge nello stesso provvedimento impugnato, il giudice ha ritenuto applicabile, in quanto nel suo complesso più favorevole, la disciplina prevista dalla L. 29 luglio 2010, n. 120, che ha introdotto l'art. 186 C.d.S., comma 9 bis, in base al quale la pena detentiva e pecuniaria possono essere sostituite con il lavoro di pubblica utilità. Ma la nuova disciplina ha previsto, altresì, l'inasprimento della sanzione detentiva di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), richiamato quoad poenam dall'art. 186 C.d.S., comma 7.

2.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, le modifiche introdotte con L. n. 120 del 2010 sono applicabili anche ai fatti commessi sotto la vigenza del precedente regime. Si è, infatti, ritenuto che, nel complesso, la nuova disciplina, alla luce dei vantaggi introdotti a fronte del contestuale inasprimento della sanzione, laddove sia intervenuta la specifica scelta dell'imputato ovvero la sua mancata opposizione, divenga per lui oggettivamente ed in concreto più favorevole rispetto a quella previgente. Infatti, per un primo aspetto, "l'individuazione, tra una pluralità di disposizioni succedutesi nel tempo, di quella più favorevole al reo, va eseguita non in astratto, sulla base della loro mera comparazione, bensì in concreto, mediante il confronto dei risultati che deriverebbero dall'effettiva applicazione di ciascuna di esse alla fattispecie sottoposta all'esame del giudice" (Sez. 1, n. 40915 del 2.10.2003, Fittipaldi, Rv. 226475 ed altre conformi). Per altro, proprio perchè il maggior favore di una disciplina va valutato con riferimento al complesso degli effetti che dispiega nel caso concreto, la pena base di partenza deve comunque essere non inferiore, con la diminuzione per l'eventuale rito abbreviato o patteggiamento, a mesi 4 di arresto ed Euro 1.000,00 di ammenda, come previsto dalla nuova formulazione dell'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c). Il principio della doverosa applicazione del trattamento più favorevole all'imputato non permette, infatti, di combinare un frammento normativo di una legge al frammento normativo di altra legge, perchè in tal modo si verrebbe ad applicare una terza fattispecie di carattere intertemporale non prevista dal legislatore, violando così il principio di legalità (Sez.4, n.7961 del 17/01/2013, P.G. in proc. Capece, Rv.255103; Sez. 4, n. 36757 del 4.6.2004, Perino, Rv. 229687).

2.2. La sentenza impugnata, escludendo la sussistenza delle condizioni per la concessione delle attenuanti generiche e applicata la diminuente per il rito, pur avendo correttamente determinato la pena pecuniaria in Euro 1.000,00 di ammenda, ha determinato la pena detentiva nella misura di mesi 2 e giorni 20 di arresto mentre, tenuto conto del minimo edittale di mesi 6 di arresto prevista dalla nuova disciplina, la pena detentiva non avrebbe potuto essere inferiore a mesi 4.

3. Il ricorso risulta, invece, infondato nella parte in cui censura la sentenza per avere determinato la durata della sospensione della patente di guida nella misura di anni 1, sostenendo il Procuratore Generale ricorrente che, avendo l'imputato commesso il fatto utilizzando un'autovettura di proprietà altrui, tale sanzione avrebbe dovuto essere raddoppiata.

3.1. L'interpretazione proposta nel ricorso non è condivisibile, posto che il richiamo operato dall'art. 186 C.d.S., comma 7, all'art. 186, comma 2, lett. c) del medesimo testo normativo, va riferito alla sola misura delle sanzioni penali. Secondo quanto si evince dal tenore letterale dell'art. 186 C.d.S., comma 7, la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida segue un regime autonomo rispetto a quello previsto dal comma 2, lett. c). A tanto conduce la statuizione di una diversa misura del minimo edittale previsto per tale sanzione amministrativa nel caso in cui si tratti della violazione dell'art. 186 C.d.S., comma 7, indicato in un periodo minimo di sei mesi, a fronte del periodo minimo di un anno previsto dal comma 2, lett. c). La norma applicata dalla sentenza impugnata disciplina espressamente l'ipotesi in cui il veicolo appartenga a persona estranea alla violazione, ma ai soli fini della valutazione circa la sussistenza dei presupposti perchè debba essere disposta o meno la confisca del veicolo. A differenza di quanto prevede il comma 2, lett. c), infatti, la clausola di esclusione legata all'appartenenza a terzi del veicolo si collega direttamente alla sola sanzione accessoria della confisca, mentre non si rinviene alcuna specifica disposizione che introduca un vincolo di dipendenza della durata della sospensione della patente dall'appartenenza del veicolo a terzi. Applicando il canone interpretativo ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit, se ne desume che, nel caso in cui il reato contestato sia quello previsto dall'art. 186 C.d.S., comma 7, l'accertata appartenenza del veicolo a persona estranea alla violazione non impone al giudice di raddoppiare la durata della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida.

4. La terza censura mossa dal Procuratore Generale ricorrente è inammissibile in quanto manifestamente infondata.

4.1. Va, in primo luogo, evidenziato che l'art. 222 C.d.S., comma 3, trova applicazione nella diversa ipotesi in cui il reato abbia cagionato danni alle persone, ipotesi che non ricorre nel caso in esame; l'applicazione della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente prevista da tale norma, inoltre, comporta una valutazione discrezionale riservata al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità.

4.2. Per completezza, ove, invece, il ricorrente intendesse censurare la pronuncia per aver omesso di disporre la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida ai sensi dell'art. 186 C.d.S., comma 7, ult. parte, va rilevata l'inammissibilità per aspecificità della censura, in ragione del fatto che non risulta indicato, nè può evincersi dal testo della sentenza impugnata, se l'imputato sia stato già condannato nei due anni precedenti per il medesimo reato, ossia il presupposto la cui presenza consente di applicare tale disposizione. A differenza di quanto previsto per i delitti dall'art. 99 c.p., che prevede aggravamenti di pena nel caso in cui l'imputato abbia commesso un nuovo delitto non colposo "della stessa indole", ossia versi in una situazione di cosiddetta recidiva specifica, alla contravvenzione in esame può seguire la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida a condizione che sia accertato che l'imputato è stato condannato, non per un reato della medesima indole ma, per la violazione della medesima norma di cui all'art. 186 C.d.S., comma 7, (Sez.4, n.48753 del 7/11/2013, Prandini; Sez. 4, n. 13548 del 14/02/2013, Sternieri, Rv. 254753), onde risulta affetta da genericità la censura che deduca la sussistenza di precedenti "specifici" senza indicare le fattispecie di reato alle quali detti precedenti si riferiscono, nè la data in cui sono intervenute le relative condanne.

5. Conclusivamente, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla statuizione relativa alla misura della pena detentiva. La disposta sostituzione della pena con giorni 84 di lavoro di pubblica utilità, comportando una valutazione discrezionale del giudice di merito correlata alla misura sia della pena detentiva che di quella pecuniaria irrogate, impone il rinvio al Tribunale di Udine per nuovo esame. Mette conto sottolineare che correttamente il Procuratore Generale ricorrente si è avvalso, quale mezzo di impugnazione, del ricorso per cassazione, trattandosi di gravame avverso sentenza di condanna pronunciata all'esito di giudizio celebrato con il rito abbreviato, senza modifica della qualificazione del fatto: di tal che il giudice del rinvio è quello di primo grado (come detto, il Tribunale di Udine).

P.Q.M.

 

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione relativa alla pena detentiva, con rinvio al Tribunale di Udine per nuovo esame. Rigetta nel resto.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2014.

Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2014

A cura degli Avv.ti Pietro Carlo Ferrario e Giuseppe Aramini – Studio Legale Associato Lucarelli & Ferrario

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