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Pubblicato il 19-01-2011

Multe: notificazioni e comunicazioni via fax o via e-mail al ricorrente non residente

Multe: notificazioni e comunicazioni via fax o via e-mail al ricorrente non residente

(Corte Costituzionale, 22 dicembre 2010, n. 365)

La formulazione originaria dei commi quarto e quinto dell’art. 22, Legge n. 689/1981: le modalità di notificazione al ricorrente.

Il testo originario dell’art. 22 quarto comma della Legge n. 689/1981 (“Modifiche al sistema penale”) dispone che nel caso di opposizione a sanzione amministrativa “il ricorso deve contenere altresì, quando l’opponente non abbia indicato un suo procuratore, la dichiarazione di residenza o la elezione di domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito”.

Il successivo quinto comma, nel completare la portata della disposizione immediatamente precedente, prescrive che nelle ipotesi in cui nel ricorso manchi l’indicazione del procuratore ovvero la dichiarazione di residenza o la elezione di domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito, le notificazioni al ricorrente vengano eseguite mediante deposito in cancelleria.

Il Legislatore della “689”, nella formulazione vigente sino all’intervento della pronuncia in commento, delineava quindi un sistema “rigido” di notificazione al ricorrente basato su tre possibili modalità:

- la prima (notifica al domicilio eletto presso il procuratore nominato), connessa alla nomina di un procuratore da parte del ricorrente, implicava che le notifiche fossero fatte al domicilio eletto presso il procuratore nel comune della sede del giudice adito;

- la seconda (notifica presso la residenza dichiarata o il domicilio eletto nel comune ove ha sede il giudice adito), operante nel caso in cui il ricorrente avesse proposto il ricorso personalmente, senza nomina del procuratore, comportava che le notifiche fossero effettuate presso il luogo indicato dal ricorrente nella dichiarazione di residenza o elezione di domicilio nel comune ove si trovava la sede del giudice adito;

- la terza (notifica mediante deposito in cancelleria), residuale sia rispetto alla prima che alla seconda modalità ed efficace pertanto solo in mancanza delle due precedenti, prevedeva che le notifiche al ricorrente venissero effettuate mediante deposito in cancelleria.

Con la pronuncia in commento la Consulta decide sulla questione di legittimità costituzionale del quarto e del quinto comma dell’art. 22 della Legge n. 689/1981 in relazione agli artt. 3, 24, 113 Cost., sollevata dal Giudice di Pace di Milano con ordinanza di rimessione del 28 ottobre 2008.

I dubbi di costituzionalità sollevati dal Giudice a quo

Il Giudice rimettente osserva che il quarto ed il quinto comma dell’art. 22 lederebbero il principio di uguaglianza nell’esercizio del diritto dei cittadini alla tutela giudiziaria nei confronti di qualsiasi atto della pubblica amministrazione (art. 3, 24, 113 Cost.), in quanto comporterebbe “una sperequazione fra coloro che risiedono o possono eleggere domicilio – di regola presso un difensore o procuratore legale” nel comune dove ha sede il giudice adito “e coloro che tale possibilità non hanno”.

Tale disparità, a detta del Giudice rimettente, sembrerebbe introdurre nell’ordinamento una discriminazione priva di qualunque giustificazione progettuale del legislatore, né vi sarebbe altra giustificazione logica, considerata la possibilità per gli uffici di porre in essere altre forme di comunicazione alternative, quali l’uso di telefono, fax, internet, attualmente previsti e utilizzati nelle cause civili.

D’altronde, il giudice a quo osserva che tali forme alternative di comunicazione, consentite da norme di carattere generale, non risultano applicabili in via analogica al settore delle opposizioni a sanzioni amministrative, “trattandosi di materia regolata con norme a carattere eccezionale e, perciò, non interpretabili in via analogica o con applicazione estensiva delle norme generali”, con conseguente impossibilità di superare in via interpretativa la prospettata discrasia del sistema.

Il precedente orientamento: le ragioni dell’infondatezza della questione

La pronuncia in commento si pone in contrasto con altre precedenti decisioni della Corte Costituzionale, che, investita della medesima questione, ne aveva dichiarato l’infondatezza.

Con l’ordinanza n. 42 del 1988, ad esempio, la Consulta aveva stabilito che “le differenze riscontrabili fra la disciplina delle notificazioni alla parte che non nomina un procuratore ed a quella costituita a mezzo di procuratore legale rispecchiano le differenze esistenti fra la situazione del soggetto che sceglie di difendersi personalmente, ed è perciò interessato a seguire gli sviluppi di un’unica vicenda processuale e la situazione del soggetto che, avendo optato per l’assistenza di un legale, ha diritto di attendersi che quest’ultimo sia in grado di svolgere efficacemente l’attività professionale in sua difesa”.

Ancora nell’ordinanza n. 391 del 2007, la Consulta, ripercorrendo il solco argomentativo già precedentemente tracciato aveva stabilito: “la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune ove ha sede l’ufficio giudiziario adito per la parte che sta in giudizio personalmente è un dato dell’ordinamento processuale variabile in relazione ai diversi modelli procedimentali e sul quale «il giudice delle leggi non può non riconoscere che questa è materia riservata alla discrezionalità del legislatore” (sentenza n. 431 del 1992); inoltre, secondo quanto sancito già in precedenza dal Giudice delle Leggi, “l’onere di indicare la residenza o di eleggere domicilio deve essere inquadrato in un sistema che impone all’opponente di proporre l’opposizione a sanzione amministrativa dinanzi al giudice del luogo in cui è stata commessa la violazione, con assoluta indifferenza rispetto alla propria residenza ed all’eventualità che la stessa sia fuori dal comune sede del giudice adito; che, pertanto, la prescrizione dell’onere di indicazione della residenza e dell’elezione di domicilio nel Comune sede del giudice adito, con i sacrifici che ad essa si correlano, non solo esprime una scelta discrezionale del legislatore […], ma risulta ragionevole e non lesiva del diritto di azione in quanto funzionale a un più immediato ed agevole espletamento delle formalità della notificazione” (ordinanza n. 231 del 2002).

Il revirement della Consulta: la questione di legittimità è fondata

Il Giudice delle Leggi, rilevando il crescente favor del Legislatore nei confronti delle modalità semplificate di notificazione, rese possibili dall’evoluzione tecnica nel settore delle comunicazioni elettroniche, effettua una ricognizione dei recenti interventi normativi volti a favorirne la diffusione in ambito processuale e procedimentale.

Osserva infatti il Collegio che “in considerazione dei mutamenti intervenuti recentemente nei sistemi di comunicazione, il legislatore ha modificato il quadro normativo riguardante le notificazioni”.

Queste le novità normative citate nell’ordito argomentativo della Corte:

- l’art. 149 bis c.p.c., introdotto dal decreto legge 29 dicembre 2009, n. 193 (Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario), convertito in legge 22 febbraio 2010, n. 24. La disposizione, intitolata “Notificazione a mezzo posta elettronica”, prevede che nel caso in cui non sia vietato dalla legge, “la notificazione può eseguirsi a mezzo posta elettronica certificata, anche previa estrazione di copia informatica del documento cartaceo” (primo comma).

- il nuovo art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), relativo al ricorso al giudice di pace avverso sanzioni amministrative e pecuniarie comminate per illeciti previsti dal codice della strada, emendato dalla legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza. In base al nuovo comma 3, “il ricorso e il decreto con cui il giudice fissa l’udienza di comparizione sono notificati, a cura della cancelleria, all’opponente o, nel caso sia stato indicato, al suo procuratore, e ai soggetti di cui al comma 4-bis, anche a mezzo di fax o per via telematica all’indirizzo elettronico comunicato ai sensi dell’articolo 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2001, n. 123” (“Regolamento recante disciplina sull’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti”).

- artt. 3-bis, 6, 7, 8 e 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 (“Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”), norme che consentono la comunicazione personale agli interessati, da eseguire a cura del responsabile del procedimento, anche con strumenti telematici.

L’analisi di tale innovativo contesto normativo conduce la Consulta a ritenere che “sia lo sviluppo tecnologico e la crescente diffusione di nuove forme di comunicazione, sia l’evoluzione del quadro legislativo, hanno reso irragionevole l’effetto discriminatorio determinato dalla normativa censurata, che contempla il deposito presso la cancelleria quale unico modo per effettuare notificazioni all’opponente che non abbia dichiarato residenza o eletto domicilio nel comune sede del giudice adito né abbia indicato un suo procuratore”.

Ne deriva “l’illegittimità costituzionale dell’art. 22, quarto e quinto comma, della Legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella parte in cui non prevede, a richiesta dell’opponente, che abbia dichiarato la residenza o eletto domicilio in un comune diverso da quello dove ha sede il giudice adito, modi di notificazione ammessi a questo fine dalle norme statali vigenti, alternativi al deposito presso la cancelleria”.

Da Altalex

In allegato la sentenza della Corte Costituzionale