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Pubblicato il 31-03-2015

Fuoriuscita dalla sede stradale senza danni a cose o persone? Sussiste l'aggravante di aver provocato incidente stradale.

La Quarta Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione affronta, nuovamente, in questo pronunciamento la questione assai dibattuta dell’accezione di aggravante di aver commesso incidente stradale nei reati di guida in stato d’ebbrezza e/o sotto alterazione dovuta all’uso di sostanze psicotrope.

L’indirizzo, espresso ormai in più occasioni dalla Corte e tendente ad un’accezione lata di “incidente”, dal quale – ricordiamo – deriva tra le conseguenze più gravi per il reo l’impossibilità di accedere alla pena sostitutiva dei lavori di pubblica utilità, appare ribadito anche questa volta.

Infatti è statuito che nella nozione di incidente stradale sono da ricomprendersi sia l'urto del veicolo contro un ostacolo, sia la sua fuoriuscita dalla sede stradale, senza che rilevi la causazione di danni a persone o a cose, essendo sufficiente qualsiasi, purché significativa, turbativa del traffico, potenzialmente idonea a determinare danni (cfr. Sez. 4, n. 42488 del 19/09/2012 - dep. 31/10/2012, Pititto, Rv. 253734).

 

                                         

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 07-10-2014) 26-01-2015, n. 3444

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROMIS Vincenzo - Presidente -

Dott. MARINELLI Felicetta - Consigliere -

Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere -

Dott. DOVERE Salvatore - rel. Consigliere -

Dott. SERRAO Eugenia - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

L.L. N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 613/2012 CORTE APPELLO SEZ. DIST. di TARANTO, del 07/10/2013;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/10/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. IACOVIELLO Francesco Mauro che ha concluso per l'annullamento con rinvio.

Udito il difensore Avv. Giarrattana Luigi che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

 

Svolgimento del processo

 

  1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, ha confermato la condanna pronunciata nei confronti di L.L. dal Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Taranto per il reato di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c).
  2. Ricorre per cassazione nell'interesse dell'imputato il difensore di fiducia avv. Luigi Giarrattana.

2.1. Con un primo motivo deduce violazione di legge. La Corte di Appello ha affermato la penale responsabilità del L. nonostante l'accertamento del tasso alcolemico avesse fatto emergere, come documentato dal certificato rilasciato da struttura pubblica, un valore pari a 158,3 mg/dl e non a 1,58 g/l, come erroneamente ritenuto dai giudici di merito. L'esponente rappresenta che il valore indicato nella certificazione equivale a 0,6 g/l, sicchè l'ipotesi che si attagliava al caso di specie era quella di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. a).

2.2. Con un secondo motivo denuncia violazione dell'art. 459 c.p.p., commi 1 e 3 e art. 124 cod. proc. pen. per inosservanza del termine di sei mesi entro il quale deve essere presentata richiesta di emissione di decreto penale di condanna.

La Corte di Appello ha erroneamente ritenuto che si tratti di termine ordinatorio, laddove una interpretazione letterale e sistematica indica, come sostenuto dalla giurisprudenza di legittimità, che in caso di sua inosservanza il Giudice per le indagini preliminari deve restituire gli atti al p.m. perchè proceda con diverso rito.

Nel caso di specie l'assenza di data e di timbro di deposito in cancelleria della richiesta di emissione del decreto penale di condanna impone di ritenere che il termine in parola non sia stato rispettato, dovendosi anche tener conto del fatto che, secondo l'insegnamento della Corte di cassazione, gli effetti giuridici dei provvedimenti resi dalla A.G. decorrono dalla data del loro deposito e non da quella in cui essi sono materialmente compilati.

2.3. Con un terzo motivo si deduce omessa motivazione in relazione al motivo di appello con il quale si era affermata la inammissibilità della richiesta di emissione del decreto penale di condanna (e non la sua inesistenza o invalidità, profili sui quali ha interloquito invece la Corte distrettuale). Si deduce, anche, che la Corte di Appello ha omesso di replicare ai rilievi difensivi che affermavano la mancata produzione di effetti giuridici della richiesta di emissione del decreto penale di condanna perchè priva di data e di timbro di deposito in segreteria.

2.4. Con un quarto motivo ci si duole della erronea applicazione dell'art. 62 bis cod. pen. la Corte di Appello ha negato le attenuanti generiche sul presupposto che il C. avesse cagionato un sinistro stradale laddove questi era soltanto uscito fuori strada; inoltre non ha considerato gli elementi favorevoli al riconoscimento della predetta attenuante.

 

Motivi della decisione

 

  1. Il ricorso è infondato.

3.1. Risultano pregiudiziali il secondo ed il terzo motivo di ricorso.

L'esponente coglie il segno nel rimarcare la necessità che il termine previsto dall'art. 459 cod. proc. pen. venga rispettato. La giurisprudenza di questa Corte reputa legittimo e non abnorme il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che rigetti la richiesta - proposta dal P.M. - di decreto penale di condanna per inosservanza del termine di sei mesi entro il quale deve essere presentata; e che la natura ordinatoria di tale termine non può significare che esso possa essere inosservato, stante il generale obbligo di osservanza della legalità nel procedimento penale, statuito dall'art. 124 cod. proc. pen. ed efficace nei confronti di tutti i soggetti processuali, ivi compreso il Pubblico Ministero (ex multis, Sez. 5, n. 41146 del 22/04/2005 - dep. 14/11/2005, P.M. in proc. Lorello, Rv. 232541). Ciò però importa la incensurabilità del provvedimento di restituzione ma non la nullità degli atti che seguano ad una richiesta tardiva, non essendo prevista tale sanzione processuale.

Peraltro, nel caso di specie tali principi non trovano applicazione in quanto la tardività della richiesta viene affermata sulla base dell'assenza di data e di timbro di deposito nella cancelleria;

premessa invero non già della certa tardività della richiesta ma piuttosto della incertezza in ordine alla sua intempestività. Nè può valere a risolvere tale incertezza la giurisprudenza evocata dall'esponente, la quale chiarisce quale sia il momento dell'emissione di un provvedimento da parte del pubblico ministero o del giudice (quello nel quale avviene il deposito presso la segreteria o la cancelleria) (Sez. 3, n. 42520 del 24/10/2002 - dep. 18/12/2002, Curigliano F, Rv. 222962), ma non permette di far emergere un dato che permane ignoto.

Nè può ritenersi inesistente o nulla la richiesta di decreto penale di condanna perchè privo di data e di deposito in segreteria, poichè - come correttamente ritenuto anche dalla Corte di Appello - se il momento del deposito dell'atto nella segreteria del P.m. vale a dare ad esso rilevanza esterna intersoggettiva, non è escluso che tale rilevanza consegua in un momento successivo, nel quale si realizza con diverse modalità la certezza in merito alla compiuta formazione dell'atto. Infatti, la giurisprudenza di legittimità è concorde non solo nell'affermare che nulla esclude che alla omissione della attestazione della cancelleria apposta al momento del deposito dell'atto si possa sopperire mediante altre formalità del pari fidefacienti contenute in atti connessi, senza che venga meno l'efficacia del provvedimento (Sez. 2, n. 17229 del 04/04/2007 - dep. 04/05/2007, Santeramo, Rv. 236821; Sez. 2, n. 35979 del 21/05/2009 - dep. 16/09/2009, Pretolani, Rv. 245872), ma, più in generale, che la giuridica esistenza di un atto dell'autorità giudiziaria dipende unicamente dalla sua effettiva provenienza dal soggetto legittimato ad adottarlo nel rispetto delle regole che presiedono alla sua regolare emanazione (Sez. 3, n. 35310 del 07/06/2011 - dep. 29/09/2011, Maracci, Rv. 250857, nella quale si è ritenuto non inesistente la richiesta del P.M. di sequestro preventivo pur priva dell'attestazione della data di deposito nella segreteria).

3.2. Quanto al primo motivo, ne va rilevata l'inammissibilità. E' infatti inammissibile il ricorso per Cassazione allorchè siano proposte questioni che, ancorchè di diritto sostanziale, non siano state dedotte nei motivi di appello e che implichino appezzamenti o accertamenti relativi a situazioni di fatto già preclusi ai giudici di secondo grado per il limitato contenuto dell'impugnazione di fronte a loro proposta (Sez. 1, n. 13845 del 20/10/1988 - dep. 17/10/1989, Zoncheddu, Rv. 182281; cfr. anche Sez. 4, n. 10093 del 20/03/1991 - dep. 10/10/1991, Paolicelli, Rv. 188253).

Orbene, nel caso di specie con l'atto di appello non si era posto in dubbio il significato dell'attestazione contenuta nel certificato medico della struttura sanitaria (si era infatti rilevata l'inutilizzabilità del medesimo per non essere stati rispettati i previsti protocolli operativi); mentre è esattamente su tale profilo che viene avanzata la doglianza nella presente sede. Doglianza la cui valutazione presupporrebbe accertamenti di merito, se del caso anche attraverso l'espletamento di perizia, che non possono essere attivati nel giudizio di legittimità.

3.3. Infondato è altresì l'ultimo motivo. Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010 - dep. 23/09/2010, Giovane e altri, Rv. 248244). Orbene, come riconosce l'esponente medesimo, la Corte di Appello ha chiarito che la mancata concessione delle attenuanti generiche era giustificata dalla gravità del fatto, concretata dalla causazione di un concreto pericolo per la sicurezza stradale, avendo il L. cagionato un incidente stradale. Che ciò non corrisponda al vero è affermazione contraddittoria dell'esponente, il quale da atto che il L. finì con l'autovettura fuori strada. Si rammenta, al proposito, che nella nozione di incidente stradale sono da ricomprendersi sia l'urto del veicolo contro un ostacolo, sia la sua fuoriuscita dalla sede stradale, senza che rilevi la causazione di danni a persone o a cose, essendo sufficiente qualsiasi, purchè significativa, turbativa del traffico, potenzialmente idonea a determinare danni (cfr. Sez. 4, n. 42488 del 19/09/2012 - dep. 31/10/2012, Pititto, Rv. 253734). In conclusione il ricorso deve essere rigettato.

  1. Segue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 ottobre 2014.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2015

 

A cura degli Avv.ti Pietro Carlo Ferrario e Giuseppe Aramini – Studio Legale Associato Lucarelli & Ferrario

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