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Pubblicato il 31-10-2017

Guida al risarcimento per perdita del cane d'affezione

Con questa recente sentenza il Tribunale Ordinario di Arezzo ripropone la vexata quaestio della risarcibilità del danno patrimoniale e non da perdita o ferimento dell’animale d’affezione.

Perno della fattispecie è la morte di un cane maltese, ucciso mentre si trovava all'interno di un terreno di proprietà dell’attrice, da un gruppo di cani lupo, di proprietà del convenuto, penetrati nella suddetta proprietà a seguito dell’apertura del cancello automatico per la fuoriuscita di un’autovettura. Il giudice civile, valutate liberamente le prove raccolte nel giudizio civile e considerata accertata l’aggressione mortale del maltese ad opera dei predetti cani lupo di proprietà del convenuto, ha ritenuto sussistente la responsabilità aquiliana di quest’ultimo, con la conseguente condanna del medesimo a risarcire il danno patrimoniale e non patrimoniale cagionato a parte attrice.

Nella sentenza in commesso, il Giudice di prime cure, a differenza di quando accaduto in una precedente questione del tutto identica al caso de quo (Tribunale di Pavia, sent. 1266/16) e nel quale veniva escluso il risarcimento di un danno patrimoniale, configura sia un pregiudizio patrimoniale, “quantificato tramite l’acquisizione di un nuovo animale equivalente”, sia un pregiudizio non patrimoniale relativo al fatto che “nel caso di specie si è in presenza di un danno non patrimoniale conseguente alla lesione di un interesse della persona umana alla conservazione di una sfera di integrità affettiva costituzionalmente protetta”.

Il citato Giudice, infatti, precisa che, seguendo il tenore letterale di quanto disposto dal legislatore nella L. 281/91 (Legge quadro in materia di animali di affezione), appare inconfutabile il dato che “lo Stato promuove e disciplina la tutela di animali d’affezione, condannando gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti ed il loro abbandono”, con conseguente risarcibilità in termini di sia di danno patrimoniale che non patrimoniale in caso di una loro violazione.

Quanto, poi, alla risarcibilità del danno non patrimoniale, il predetto Giudice prende spunto proprio da quelle sentenze gemelle di San Martino della Cassazione ritenute limitative dell’affermazione di tale tipologia di danno.

Si legge, di fatti, nelle motivazioni della sentenza in commetto che, le sentenze gemelle della Suprema Corte a sezioni unite del 2008, se da un lato ridisegnano e delimitato “l’ambito risarcitorio del c.d. danno non patrimoniale”, dall’altro, rilevano che il medesimo danno è sempre dovuto quanto “si riscontra lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione”.

Ciò -spiega il Giudice di prime cure- in forza del seguente principio cardine: “la tutela non è ristretta ai casi di diritti inviolabili della persona espressamente riconosciuti dalla Costituzione nel presente momento storico, ma (…) deve ritenersi consentito all’interprete rinvenire nel complesso sistema costituzionale indici che siano in idonei a valutare se nuovi interessi emersi nella realtà sociale siano non genericamente rilevanti per l’ordinamento, ma di rango costituzionale attenendo a posizioni inviolabili della persona umana”.

Conseguentemente, posto che nell’attuale momento storico è indubbio che, rispetto a 10 anni fa, si sia rafforzato, nella visione della comunità, il bisogno di tutela del legame tra cane e padrone “quando il legame affettivo è particolarmente intenso così da far ritenere la perdita con lesiva della sfera emotiva del padrone”, il medesimo legale, qualora venuto meno per cause imputabili a terzi (nel quale ricomprendere anche gli animali e/o le cose di proprietà di terzi), deve essere adeguatamente risarcito.

Tale ricostruzione, per altro, trova conforto nella Convenzione Europea per la protezione degli animali da compagnia (ratificata in Italia con la L. 201/2010), nel cui preambolo chiarisce che “…l’uomo ha l’obbligo morale di rispettare tutte le creature viventi…” ed in particolar modo degli animali da compagnia, considerato “…il contributo che essi forniscono alla qualità della vita e ... alla società”.

Ciò che, infatti, rileva ai fini della risarcibilità del danno non patrimoniale è unicamente la sussistenza di un fatto illecito tale da violare in modo grave i diritti inviolabili della persona, nel quale rientra, in forza dell’interpretazione degli indici di cui all’art. 2 della Costituzione, il rapporto tra padrone ed animale.

Si deve, in definitiva, ritenere che in una visione costituzionalmente orientata non possa negarsi la risarcibilità del danno da perdita dell’animale d’affezione, in quanto espressione delle attività realizzatrici della persona e facente parte del bagaglio di ricerca di piena esplicazione della propria personalità.

Concludendo, seguendo le logiche intessute dallo stesso Tribunale con la sentenza n. 940 del 8 agosto 2017 , il danno derivante da perdita da animale da compagnia è sempre risarcibili, posto che “il rapporto tra padrone e animale d’affezione può essere considerato espressione di una relazione che costituisce occasione di completamento e sviluppo della personalità individuale e quindi come vero e proprio bene della persona, tutelata dall’art, 2 della Costituzione.

Restano, peraltro, ferme le problematiche che si incontrano nella prassi quotidiana nella quantificazione del danno non patrimoniale, posto che mancano, allo stato attuale, tabelle di quantificazione del danno in grado di determinare in termini certi il danno subito dal danneggiato in termini di danno psichico.

 

A cura dello Studio Legale Associato Lucarelli - Ferrario

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